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- Roberta Bertozzi
- 13 mag
- Tempo di lettura: 4 min
note sull'opera di Graziano Spinosi
notes on the work of Graziano Spinosi
Lev Tolstoj una volta scrisse che il contenuto ideologico di un’opera d’arte risiede nella sua struttura. Osservazione stringata e limpidissima, che rimarca, a mo’ di verdetto, l’intrinseca eloquenza che appartiene ai valori struttivi della creazione artistica. Ecco, sono incline a pensare che tutto questo riguardi molto da vicino l’opera di Graziano Spinosi, vuoi per il chiaro sodalizio di forma e contenuto che da sempre la contraddistingue, vuoi per la precisione, al limite della perentorietà, con cui i motivi, i nessi ideologici, si delineano solo passando per le maglie strutturali e la loro organizzazione compositiva. La struttura rappresenta il vero punto focale del suo esercizio, offrendosi non tanto come uno schema, come una mera griglia procedurale, ma quale immagine di un preciso modo di pensare e sentire: come l’esatta secrezione di un vissuto – il suo solco psichico, la sua bava o scia.
Lev Tolstoy once wrote that the ideological content of a work of art lies in its structure. A terse and crystalline observation, one that stands as a kind of verdict, underscoring the intrinsic eloquence embedded in the structural values of artistic creation. I am inclined to think that this insight closely pertains to the work of Graziano Spinosi—both for the evident alliance of form and content that has always defined it, and for the precision, bordering on peremptoriness, with which motifs and ideological connections emerge solely through structural meshes and their compositional arrangement. Structure is the true focal point of his practice, presenting itself not merely as a scheme, not as a procedural grid, but as the image of a particular way of thinking and feeling: the exact secretion of a lived experience—its psychic groove, its trail or trace.

Graziano Spinosi, Foresta, 2000
Oserei dire che ogni opera di Graziano Spinosi, sia essa pittorica o plastica, tende in modo irreversibile a questa implosione della sua virtualità espansiva, circoscrivendosi in delle zone ad alta densità, in un reticolo di fasci, di forme solidificate e inespugnabili – nella reiterata costruzione di un ermetico, illeso tempio. Solo in questo limitare, recingere, rilegare – solo attraverso questo far ritorno sempre nel medesimo punto, la struttura filamentosa concede all’esperienza di trascriversi nel linguaggio. E da qui muove quella straordinaria esuberanza di analogie, metafore, somiglianze che i suoi lavori sono in grado di provocare. Ecco i Nidi, o altrimenti arnie, bozzoli, fuchi, crisalidi: sculture conchiuse e ovoidali in cui s’impone senza mezzi termini una dimensione introspettiva, di solitaria genesi, e tuttavia statica, raggelata, come se la processualità metamorfica suggerita da questi involucri avesse subìto una improvvisa, e risolutiva, cristallizzazione.
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I would venture to say that every work by Graziano Spinosi—be it pictorial or sculptural—tends irreversibly toward an implosion of its expansive virtuality, circumscribing itself within zones of high density, within a latticework of bundles, of solidified and unassailable forms – in the reiterated construction of a hermetic, unscathed temple. Only in this act of delimiting, enclosing, binding – only through this continual return to the same point – does the filamentous structure allow experience to be transcribed into language. And from this movement arises that extraordinary exuberance of analogies, metaphors, resemblances that his works are capable of provoking. Hence the Nests, or otherwise hives, cocoons, drones, chrysalises: sealed, ovoidal sculptures in which an introspective dimension imposes itself unequivocally – a solitary genesis, and yet static, frozen, as though the metamorphic process suggested by these enclosures had undergone a sudden and definitive crystallization.
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Graziano Spinosi, Studio – detail
Tutto sembra invitare a una mise en abîme della realtà, o meglio, a una sua versione immedesimata: a quella tipica saturazione che si verifica quando lo spazio esteriore si inscrive nel campo dell’intimità e da questo riceve configurazione ultima. L’esito è una sorta di percezione fossile del mondo, dove l’esperienza si indicizza in oggetti che si incuneano nella scena circostante, sottraendosi a qualsiasi contaminazione con essa, rivendicando solo la propria esistenza (e altro segnale di questa sensibilità fossile ci è offerto dai materiali privilegiati dall’artista, la cui texture rimanda in maniera univoca a un codice materico primordiale). Allo spazio destrutturato del mondo, alla sua insensatezza e alla sua sfrenata caoticità, fanno idealmente da contrappunto queste mute steli, questi arcani visivi, come un miraggio di possibile salvezza.
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Everything seems to invite a mise en abîme of reality—or rather, an internalized version of it: that typical saturation which occurs when exterior space is inscribed within the field of intimacy and, from it, receives its ultimate configuration. The result is a kind of fossilized perception of the world, where experience is indexed in objects that wedge themselves into the surrounding scene, withdrawing from any contamination with it, asserting only their own existence (and another signal of this fossil sensitivity is offered by the artist’s favored materials, whose texture unequivocally evokes a primordial material code). Against the world’s deconstructed space, its senselessness, its unrestrained chaos, these mute steles, these visual arcana stand as an ideal counterpoint—as though they were a mirage of possible salvation.
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Roberta Bertozzi
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note sull'opera di Graziano Spinosi
notes on the artwork of Graziano Spinosi
Abstract of the critical essay by Roberta Bertozzi
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